Nel mondo del lavoro si parla sempre più spesso del cosiddetto skill mismatch, ovvero un particolare fenomeno per cui le competenze che deve possedere il cvdi un candidato in sede di colloquio ed effettivamente ricercate dalle aziende sono sempre più marcate, rendendo di fatto i lavoratori non adatti a ricoprire determinati ruoli per mancanza di abilità. In Italia, le nuove imprese stanno soffrendo molto questa problematica. Il fenomeno è preoccupante e sembra essere di difficile soluzione, spese in un settore dove ormai il lavoro da casa sta diventando quasi preponderante, portando le competenze degli impiegati ad appiattirsi per diventare quasi del tutto degli automi, poco professionalizzati.
Un’altra problematica può derivare dall’eccessivo ricordo al lavoro part time, il quale non permette alla persona di sviluppare bene determinate competenze all’interno di un ruolo, spesso perché non abbastanza motivata: se a questo si somma infine la criticità del sistema di istruzione, che è fondamentale per combattere lo skill mismatch, la frittata è fatta. Realtà come quella dell’Università italiana dove la teoria viene sempre privilegiata rispetto alla pratica portano alla formazione di persone che sono molto edotte sugli aspetti teorici o su varie dottrine, tuttavia del tutto inadeguate a reggere ritmi o competenze come quelle a cui il lavoro agile ha ormai posto il focus. Ma quali sono le soluzioni alla skill mismatch?
Mancanza di competenze
Dare una soluzione al problema
Un buon imprenditore che punti sulla crescita di stagisti o altri giovani assunti, ovvero lo stesso lavoratore che si rende conto di quando cambiare lavoro e dell’appiattimento delle sue competenze, devono dunque riuscire ad allontanare lo spettro dello skill mismatch prendendo veloci precauzioni. Il modo migliore per combattere lo skill mismatch, di sicuro, è il ricorso alla formazione continua, che deve avvenire sia in assenza di lavoro, per permettere alla persona di accrescere il suo bagaglio culturale e di competenze, oltre a non restare fermo sul divano, mentre all’impiegato lavoratore di riuscire ad essere sempre più competente e indispensabile, con l’obiettivo di blindare la sua posizione e migliorarla nel tempo.
Svolgere corsi di formazione, però, non è per niente semplice, soprattutto in un mercato variegato dove sembrano esserci davvero tanti formatori ma poca qualità; in tal senso, bisogna sicuramente privilegiare enti erogatori – privati o pubblici – della formazione continua per combattere lo skill mismatch che rilascino alla fine del percorso qualche attestato valido ai fini dell’assunzione in altre aziende. Da questo punto di vista, oltre a prediligere una formazione costante è anche bene intraprendere percorsi che portino, oltre allo studio della teoria, anche focus importanti sulla pratica, con simulazioni di lavoro differenziate in base agli ambiti di operatività: ad esempio, chi ha studiato da contabile troverà sicuramente utile un corso di formazione continua dove, oltre ad approfondire tutti gli aspetti teorici e dottrinali della scrittura di un bilancio, verrà materialmente invogliato ad eseguire delle simulazioni pratiche di chiusura di bilancio.
Quali sono gli obiettivi della formazione continua per combattere lo skill mismatch e come viene erogata la formazione?
Con la formazione continua gli obiettivi sono sicuramente quelli di tirare fuori il lavoratore dal limbo dove si è andato ad inserire e in cui non migliora più, mettendolo di fronte a tutte le novità del settore, permettendogli di acquisire nuove competenze e capacità. Questo sarà sicuramente possibile rivolgendosi a professionisti seri nella formazione che sicuramente mettono a disposizione team formati da personale esperto nel lavoro che abbiano però al contempo qualità e capacità di formazione: in questo modo, a seconda dei corsi scelti, è possibile creare nuovo lavoro, aumentare il bacino di personale a cui le imprese possono attingere, migliorando al contempo la qualità della vita di tanti lavoratori.
La formazione continua, inoltre, oltre a combattere lo skill mismatch permette alla contribuzione e crescita della cultura del lavoro, situazione che in Italia spesso scarseggia.