Certificato di infortunio Inail dal 28 Aprile il nuovo sistema

Si sa, rimanere vittime di un infortunio non è mai piacevole, anche nel caso in cui il danneggiato sia un dipendente che svolge lavoro agile o che si tratti dell’imprenditore stesso.

Ad ogni modo, quando si svolge un’attività lavorativa è sempre consigliato di rimanere aggiornati su tutte le normative e le prassi da seguire nel caso in cui sia renda necessario aprire una pratica di infortunio INAIL, come il nuovo metodo di trasmissione del certificato di infortunio.

Occorre rammentare che il certificato di infortunio sul lavoro viene inviato all’Inail e al datore di lavoro quando un medico, dopo aver svolto una visita medica sul dipendente, accerti che lo stesso versi in uno stato di inabilità temporanea al lavoro (sia esso lavoro online, lavoro part time o lavoro da casa) o che la guarigione, dopo un evento legato all’attività lavorativa, risulti o meno completata.

 

Cosa cambia dal 28 aprile 2022

 

Il 28 aprile 2022 entra in funzione il nuovo portare applicativo sviluppato per INAIL – Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro.

Attraverso questo sistema sarà possibile inoltrare i certificati di infortunio avvenuti in ambito lavorativo, secondo tre modalità di trasmissione:

 

1) online;

2) offline;

3) cooperazione applicativa/interoperabilità.

 

Tale modalità di trasmissione, in sostanza, viene implementata del formato universale ampiamente utilizzato nel settore amministrativo, ovvero quello del formato .xml, a molti già noto, in quanto già da diverso tempo introdotto nel campo della fatturazione elettronica.

Ma non occorre preoccuparsi, il sistema risulterà user friendly, sarà quindi dotato di un’interfaccia semplice e intuibile; le novità, quindi, riguarderanno principalmente i contenuti del certificato e l’architettura tecnologica, adeguamenti quindi conformi alle linee guida dell’Agid.

 

Cosa cambia per gli utenti

Gli utenti dovranno aggiornare il sistema di trasmissione dei certificati INAIL, con quanto stabilito da INAIL, ovvero potranno comunque trasmettere tali documenti attraverso la modalità di invio offline, in formato .zip, .txt o xml.

Le istruzioni relative al nuovo applicativo INAIL possono essere reperite sul sito internet dello stesso Istituto, su cui è reso disponibile il nuovo manuale utente.

Mentre, per quanto riguarda i certificati in cooperazione applicativa, gli stessi, per tutto l’anno 2022, potranno essere inoltrati con il portale attualmente in uso.

Dal primo gennaio 2023, invece, risulterà operativo solamente nuovo servizio Rest.

La documentazione tecnica disponibile è scaricabile dalle pagine web dell’INAIL: www.inail.it/api/docs/home e www.inail.it/onecatalog/#!/pdd/prod, accedendo a tali pagine, cliccando su servizio API Certificati Medici Infortunio e poi su CMI – Certificato Medico Infortunio.

150 ore diritto allo studio: normativa, requisiti

I lavoratori che decidono di riprendere gli studi hanno diritto per legge ad avere alcune ore di permesso che possono essere sfruttate per sostenere gli esami oppure per studiare. Ecco, allora, cosa dice la legge in relazione al diritto allo studio.

 

Che cos’è il diritto alle studio: la normativa di riferimento

Sotto la dicitura diritto allo studio rientrano una serie di agevolazioni che sono concesse a tutti quei lavoratori che decidono di riprendere gli studi e devono quindi conciliare quest’ultimi con l’attività professionale. In particolare indipendentemente dal contratto collettivo nazionale al quale il datore di lavoro afferisce, vengono concesse annualmente 150 ore di permesso aggiuntivo da utilizzare proprio a scopo di studio, come ad esempio la preparazione di un esame oppure la frequenza di un corso obbligatorio o il sostenimento di un esame. Tale possibilità, però, non è concessa a tutti e può essere usufruita solo in presenza di determinate condizioni. È importante specificare che durante le ore di permesso studio, il lavorativo è in astensione concordata dal lavoro ma percepisce lo stesso la retribuzione e matura ferie, permessi e TFR come previsto dalla legge. Il diritto allo studio è disciplinato dalla Lg. 300/70 conosciuta come Statuto dei Lavoratori (in particolare all’articolo 10) e dai singoli CCNL.

 

A cosa si ha diritto

Il lavoratore studente, quindi, ha diritto a 150 ore di permesso all’anno per sostenere esami e prendere parte a corsi obbligatori o semplicemente prepararsi per una prova. Va precisato che non tutti i percorsi formativi possono essere utili a tale scopo ma solo se si tratta di percorsi di studio regolari di istruzione primaria, secondaria e università. In base al contratto collettivo nazionale di riferimento, possono cambiare le modalità di fruizione: ad esempio, con il CCNL Metalmeccanici – Industria si ha diritto all’intero giorno dell’esame e ai due giorni precedenti. Il settore del Commercio, invece, prevede un massimo di 150 ore a testa da usufruire all’interno di un triennio. È valida indifferentemente per tutti i CCNL, invece, l’obbligo di produrre una giustificazione scritta qualora il datore di lavoro lo richiedesse, da far firmare in sede di esame dai rappresentati dell’istituto.

 

Chi può usufruire del diritto allo studio

Possono usufruire delle ore di diritto allo studio esclusivamente i lavoratori con contratto subordinato, quindi tutti coloro che sono a tempo indeterminato e determinato ma anche i lavoratori con contratto di apprendistato. Il diritto allo studio è garantito sia ai dipendenti che hanno un impegno in azienda full time che part time. Sono invece esclusi da questo beneficio i lavoratori a chiamata, coloro che hanno un contratto a progetto e i consulenti con partita iva.

 

Quali sono i requisiti necessari

Oltre alla tipologia di contratto che è in essere, esistono altri requisiti che sono necessari per poter godere delle ore di diritto allo studio? In realtà no nel senso che sono compresi in questo elenco di beneficiari anche coloro che non frequentano un percorso di studi ma sono i cosiddetti “privatisti”. In merito alla fruizione delle ore di permesso studio va specificato che le stesse non sono legate al superamento dell’esame ma solo al fatto di essersi presentati e averlo sostenuto. Infine la normativa attualmente vigente non impone un preavviso particolare al datore di lavoro ma è sufficiente comunicare la propria assenza secondo quanto previsto per la richiesta dei classici permessi.

Categorie protette: chi sono e offerte di lavoro

Quando si parla di categorie protette, molto spesso, si tende ad avere non poca confusione su quali sono le persone che rientrano in tale classificazione, quindi le eventuali offerte di lavoro dedicate a queste persone spesso non vengono prese in considerazione.
Ecco una panoramica generale atta a capire chi rientra in questo tipo di categoria e come trovare le offerte di lavoro a esse dedicate.

 

Quali sono le categorie protette

 

Quando si fa riferimento alle categorie protette occorre necessariamente parlare di una serie di soggetti che sono affetti da diverse problematiche che, appunto, hanno delle ripercussioni sulle capacità lavorative e sulla vita privata.
A stabilire quali sono le categorie protette è l’art. 1 della dalla legge 68/99 che si occupa del collocamento dei disabili che, come prima tipologia di individuo che rientra in questo gruppo, inserisce i soggetti che hanno una minorazione fisica o psichica, nonché portatori di handicap, la cui capacità lavorativa è ridotta almeno del 45%.
Questi soggetti devono essere riconosciuti come tali dalle commissioni per l’invalidità civile.

La seconda categoria è rappresentata dalle persone che hanno un grado di invalidità del lavoro pari al 33%: in questo caso, a riconoscere l’invalidità è l’INAIL.

La legge 382/1970 ha introdotto anche le persone non vedenti nelle categorie protette: questi individui devono aver perso totalmente la loro capacità visiva o comunque avere un solo decimo residuo in entrambi gli occhi.

La precedente legge, ovvero la 381/1970 inserisce nelle categorie protette anche i sordomuti.
Particolare attenzione deve essere riposta in questo caso, visto che viene specificato che la sordità deve essere stata riscontrata fin dalla nascita o comunque essersi manifestata prima che il bambino imparasse la lingua parlata.
Da questo ne deriva anche l’incapacità a esprimersi, quindi il mutismo.

Oltre a queste persone che soffrono di patologie invalidanti, la legge 68/99, art. 18, comma 2 ha introdotto anche diversi altri soggetti nella schiera delle persone che rientrano nelle categorie protette.
In questo caso si parla dei parenti di primo grado e coniugi di un defunto che ha perso la vita durante lo svolgimento delle mansioni lavorative così come di coloro che hanno subito un infortunio che ha portato il grado di invalidità al 100% a causa del lavoro oppure di guerra.

Inoltre le vittime superstiti di atti terroristici e i profughi rimpatriati rientrano nelle persone che fanno parte delle categorie protette.

 

Le offerte di lavoro per le categorie protette

 

Tutti questi soggetti sono stati oggetto di un provvedimento mirato alla loro integrazione sociale, in particolar modo nell’ambito lavorativo. Nascono quindi delle liste speciali dove le persone disoccupate che hanno un documento che attesti il loro grado di invalidità possono iscriversi. I servizi attivati per queste persone permettono loro di trovare un impiego lavorativo che permette di sfruttare le loro capacità in attività produttive.
Ovviamente la ricerca viene svolta con estrema cura affinché sia possibile evitare che la loro condizione possa essere sinonimo di impossibilità nello svolgimento corretto delle mansioni a loro affidate.
Inoltre, una volta trovato l’impiego idoneo per queste persone, è previsto un periodo di affiancamento costante che permette alle persone invalide, o comunque appartenenti alle categorie protette, di potersi integrare all’interno del luogo di lavoro, capire quali mansioni svolgere e come queste devono essere svolte.

Il sistema di tutela previene anche che queste persone possano essere in qualche modo sfavorite a causa dei loro problemi fisici e mentali, evitando quindi una serie di situazioni che possono rendere ostile quell’ambiente lavorativo e quindi rendere la condizione sul luogo di lavoro incredibilmente complicata da dover essere affrontata.

Qualora poi si sia alla ricerca di un posto di lavoro, grazie al servizio proposto alle persone che rientrano nelle categorie protette di poter trovare l’impiego ideale per le loro capacità fisiche e psichiche, dai siti:

 

Tirocinio extra curriculare e curriculare cosa sono

Ci sono un sacco di buoni motivi per fare un’esperienza lavorativa mentre stai studiando. I tirocini ti consentono infatti di provare una potenziale carriera, acquisire esperienza di lavoro pratica (che spesso nelle università italiane manca!), stabilire contatti che potranno risultare utili in futuro e altro ancora.

Tuttavia, c’è una chiara differenza fra un tirocinio curriculare e uno extra-curriculare: andiamo a vedere quale.

 

Tirocinio curriculare

 

Ci sono due tipi di tirocini, in Italia.

Tirocini curriculari obbligatori: sono di solito diffusi nei corsi di laurea con un taglio molto pratico. Ad esempio, scienze dello sport, tecniche di laboratorio, scienze infermieristiche e medicina.
Questi tipi di tirocini sono obbligatori per il conseguimento del titolo. Infatti, attribuiscono allo studente dei crediti, proprio come se fossero degli esami.

Tirocinio curriculare non obbligatori: si tratta di stage in azienda non obbligatori per altri campi di studio, come ad esempio le discipline umanistiche, economiche, sociali. Questi, in alcuni casi, possono dare un punteggio supplementare per la laurea o un esame, ma in realtà non sono molto diffusi in Italia, soprattutto nelle università pubbliche. Più diffusi, invece, nelle università private.

In genere, un tirocinio curriculare non è un lavoro effettivo, quindi non si è pagati. L’obiettivo è quello di coniugare l’apprendimento con il lavoro, quindi teoria e pratica.

Per iniziare con uno stage curriculare, è necessario che ci sia un accordo tra la tua università e l’organizzazione per cui vuoi lavorare. Può essere un’azienda privata, uno studio professionale, una cooperativa o un’istituzione pubblica.
Generalmente i tirocinanti devono seguire un piano di formazione e sono seguiti da due consulenti, uno dell’università e un altro dell’organizzazione ospitante.

Questi hanno il compito di supportare lo studente durante lo stage e nel processo di certificazione finale.

 

Il tirocinio extracurriculare

 

Se non sei iscritto a un’università, potrebbe essere una buona idea, per fare esperienza e ampliare i propri orizzonti lavorativi, iscriversi a un tirocinio extra-curriculare. Come suggerisce il nome, questo è rivolto a chi ha già una laurea. Di solito, c’è un termine entro il quale è possibile fare un tirocinio dopo la laurea, spesso pari a un anno, ma variabile in base alle norme vigenti.

 

Come trovare lo stage giusto per te

 

Ci sono diversi modi per trovare uno stage. Il primo passo è sicuramente quello di cercare sul sito web della tua università. Qui, spesso, sono pubblicati annunci per tirocini nel settore pubblico o aziende affiliate. Puoi anche controllare su Almalaurea per vedere se c’è qualcosa d’interessante disponibile per la tua posizione.

Un’altra soluzione potrebbe essere quella di rivolgersi direttamente all’azienda.

Se c’è una particolare azienda per cui ti piacerebbe lavorare allora puoi provare direttamente a fare richiesta, verificando se ci sono stage in offerta o contattando direttamente il reparto risorse umane.

Arricchire il proprio cv con esperienze lavorative è, nel mondo lavorativo odierno, un passo fondamentale.

Peccato che ciò venga, nelle università italiane, spesso trascurata, ponendo un eccessivo peso sulla teoria e non sulla pratica. Che tu stia per laurearti o ti sia appena laureato, fare esperienza lavorativa è sempre fondamentale per distinguerti dalla concorrenza